Storie che confermano l’ordine: le colpe della prima madre
In principio era il Caos. Lo dicono in molti, e lo dice anche Esiodo, l’autore di un poema affascinante che s’intitola Teogonia. Siamo attorno al VII secolo a.C., l’Iliade e l’Odissea hanno probabilmente già assunto forme simili a quelle che leggiamo noi, ma la Teogonia sembra una creatura infinitamente più arcaica, come se il Caos primigenio da cui vuole partire l’avesse pervasa di sé. È una storia sull’origine dell’universo, questa, ma è anche una storia di madri e padri, di ribellioni e di ritorni all’ordine; se vi va, provo a raccontarvela.
In principio era il Caos, dunque, che per Esiodo sembra significare Abisso, voragine immane, dato di fatto incommensurabile che tutto precede. Subito dopo l’Abisso e come l’Abisso ingenerata, di colpo si trova a esistere Gea, la Terra. E poi, sempre a sé stante, c’è Eros, che non è l’amore, è la pulsione sessuale che mette in moto la procreazione.
Ci sono due enti primigeni, insomma, e la pulsione sessuale; ci aspetteremmo allora che Abisso e Terra si unissero e generassero il cosmo. Non è così: questa fase iniziale dell’universo non obbedisce alle regole umane, quindi sia Abisso che Terra si mettono a procreare, sì, ma ognuno per sé. Da Abisso nascono Tenebra e Notte, e poi di lui Esiodo non parla più. Si concentra su Terra, allora, e io invito anche voi a farlo, perché Terra sarà spesso la nostra protagonista. La Terra, ci dice Esiodo, genera da sé un compagno che possa esserle pari, che possa coprirla tutta: il Cielo. Genera da sola anche i monti e il mare, ma da qui in poi invece interviene Eros, la Terra si unisce al Cielo e con lui genera tutte le prime creature divine, che hanno in sorte di essere un po’ smisurate: sono i Titani, i Ciclopi, i Giganti. È nata la prima famiglia nucleare dell’universo, e, ve lo dico, è già disfunzionale.
Una cosa affascinante da tenere in mente ora è che Terra e Cielo non hanno corpi antropomorfi, anche se le loro emozioni sono molto umane. Così, Cielo detesta da subito i propri figli, e quello che fa è… soffocarli nel corpo della madre. Tutta questa prole smisurata viene nascosta, sepolta dentro la Terra da un Cielo che era stato generato per coprirla tutta, ma che più che coprirla ormai la schiaccia. È così che la prima ribellione dell’universo contro il potere patriarcale ha origine in risposta a un esercizio violento di questo potere. Ma anche: la prima ribellione dell’universo contro il potere patriarcale viene orchestrata da una madre e compiuta da un figlio. Terra plasma un falcetto e incita i propri figli a brandirlo contro il padre tiranno. Tutti tremano, ma – come in ogni fiaba che si rispetti – avanza il figlio minore, quello dalla mente tagliente: Crono, il Tempo. Tempo taglia i genitali del Cielo, che in preda al dolore si solleva per sempre dalla Terra; e Tempo diventa re.
Seconda famiglia disfunzionale in arrivo: Tempo si sceglie una compagna di nome Rea – la doma, stando alla scelta terminologica di Esiodo – e con lei genera dei figli. Una profezia gli ha però detto che dalla sua prole verrà la sua morte, e in men che non si dica Tempo recupera lo sport preferito del padre: negare autonomia ed esistenza ai propri figli, stavolta – per un tocco di originalità - inghiottendoli. È la Terra, allora, a intervenire. Tempo, raggirato, si trova a inghiottire una pietra al posto del proprio figlio minore, mentre la Terra accoglie in sé questo nipotino neonato, lo cresce e lo arma di consigli e di inganni. La seconda ribellione all’ordine patriarcale è di nuovo la risposta a un esercizio violento di tale potere. Ma anche: è di nuovo orchestrata dalla prima madre, e compiuta da un figlio: come da profezia, il figlio uccide il Tempo e diventa re. Il figlio è la divinità del tuono e del fulmine, ma tra gli indoeuropei il suo nome - in greco Zeus - è per antonomasia il nome di Dio.
Lieto fine? Non ancora. Esiodo sa bene che una cosa è prendere il potere, una cosa è saperlo mantenere. Abbiamo un nuovo re tra gli dei, ma gli ultimi due non sono finiti benissimo: come ci assicuriamo che la storia non si ripeta, e che il cerchio di detronizzazioni si spezzi?
Lo so: a noi sembrerebbe semplice. I padri potrebbero, per esempio, evitare di soffocare i propri figli. Ma qui, nel racconto di Esiodo sembra di colpo attrarre l’attenzione non tanto la passata violenza dei padri, ma la passata ribellione della prima madre. Così vediamo Zeus combattere con tutti i figli della Terra e ricondurli all’ordine, fino a che lei non ne genera un ultimo, il più mostruoso, e Zeus non sconfigge anche lui. E questo sembra essere il primo passo fondamentale, perché è solo quando Terra ha smesso di generare figli che Zeus viene ufficialmente fatto re. Per inciso, è fatto re col consenso degli altri dei, e questo sembra il secondo passo fondamentale. Ce n’è però un terzo. Stando al copione, Zeus ora deve scegliersi una compagna e generare con lei una prole. Di nuovo: a noi non sembra che qui ci sia chissà che trappola, sempre se Zeus si ricorderà quella piccola regola di non soffocare o inghiottire le proprie creature. Di nuovo, però, per Esiodo la cosa essenziale sembra un’altra: assicurarsi che nessuna compagna abbia mai il potere di aizzare un figlio contro il re.
Ecco, allora, che Zeus si sceglie una compagna - Metis, la Consapevolezza - e concepisce con lei una creatura. Prima del parto, però, il dio inganna la Consapevolezza, e… la assorbe dentro di sé. Non so come dirlo meglio: la pone nel proprio ventre; la incorpora, assumendone la potenza intellettuale; e genera da sé la sua figlia prediletta, la dea senza madre: Atena. Neutralizzata così la prima moglie, Zeus si sceglierà un’altra compagna; e un’altra; e un’altra; e un’altra. Da ciascuna di loro avrà dei figli. La barzelletta più nota della mitologia greca – che Zeus vada a letto con qualunque cosa che respiri – ha qui la sua spiegazione profonda: il dio più saggio di tutti, quello il cui potere durerà, è quello che si assicura che nessuna dea abbia potere abbastanza da tramare con successo contro di lui.
In Esiodo, l’origine del Cosmo dal Caos attraverso le prime generazioni divine è insomma una storia affascinante, arcaica, strana, e a tratti molto misogina. La cosa non è di per sé sorprendente. Il punto, come spesso accade, sta nell’accumulazione. Perché in Esiodo c’è anche la storia di Pandora, che è la prima donna ed è l’origine di tutti i mali. La storia di Pandora ne ricorda un’altra, stavolta semitica: quella di Eva, che è la prima donna e pure lei è l’origine di tutti i mali. A forza di accumulare storie come queste, per giunta provenienti da culture diverse, non è strano iniziare a chiedersi perché: perché in tutte queste storie la donna è l’origine del male, la creatura di cui diffidare, quella alla quale sottrarre ogni potere perché altrimenti ti farà del male? Non è strano porsela, questa domanda; il punto è che al bar, alla terza birra, sarà facile darsi la risposta che in fondo in fondo un po’ di verità in una storia così ripetuta ci sarà. Una risposta diversa è semplice, a dire il vero, anche se al bar farà meno ridere. Basta spostare lo sguardo: dalla storia che dovrebbe spiegare la realtà, alla realtà che ha generato la storia.
I miti, per lo più, sono aitia: narrazioni che spiegavano l’origine di un dato di realtà. La realtà era materia mutevole; i miti eziologici offrivano una spiegazione narrativa per i suoi meccanismi, e lo facevano con autorevolezza, perché creavano un ponte tra la mutevolezza del reale e l’immanenza del passato mitico. A volte, il dato di realtà era naturale: per un periodo dell’anno la terra non dà frutti (dato di realtà), sarà perché la dea del raccolto è triste (aition). In questi casi, la spiegazione mitologica ci fa sorridere; e, se una stessa spiegazione torna simile in diverse culture, non ci persuadiamo di colpo che l’inverno nasca davvero dalla tristezza di una dea, ci diciamo che gli esseri umani di diverse culture hanno un’immaginazione narrativa simile. A volte, invece, il dato di realtà da spiegare era sociale. La società che concepì la Teogonia e quella che concepì la Genesi avevano alcune differenze, ma condividevano un dato di realtà: le loro donne erano violentemente sottomesse all’ordine patriarcale. Generazione dopo generazione, quei popoli non si chiesero se questo dato di realtà fosse eticamente giustificato o meno; l’ordine patriarcale aveva bisogno della sottomissione della donna, quindi per quel tipo di domande non lasciava spazio. Era accettabile un altro tipo di domanda - “perché sottomettiamo le donne?” - ed era accettabile questo tipo di risposta: “perché se lo meritano”.
Un’ultima nota: nelle olimpiadi dell’oppressione, le donne non sono speciali. È così che gli ideologi della schiavitù statunitense costruirono tutta una mitologia sul fatto che le persone nere fossero naturalmente malevole, inaffidabili, dannose per sé e per gli altri se fossero state lasciate a sé stesse. È così che lo stesso hanno detto i teorici del colonialismo nei confronti di chiunque non fosse nato nel cuore bianco dell’impero. E così via. Il potere ha bisogno di avere ragione, e per appropriarsene racconta storie. È per questo che sta a noi analizzarle: quando siamo nel ruolo di subalterni, e da quelle storie veniamo spinti a ritenere naturale la nostra disumanizzazione; e quando siamo nel ruolo dei privilegiati e quelle storie le raccontiamo noi per primi, ridendone un po’, non trovandoci in fondo nulla di troppo sbagliato, dicendoci che sono solo storie; perché il nostro privilegio ci è sempre invisibile, a meno di guardarlo in faccia.